Qualche mese fa la cronaca ci ha raccontato una storia stupefacente: un giovane arbitro di rugby, Maria Beatrice Benvenuti, placcata da un giocatore in modo molto aggressivo. Nessuna giustificazione al gesto antisportivo, che è costato una poco piacevole corsa in ospedale alla ragazza. “Da arbitro credo che le contestazioni ci possano sempre essere (se riportate con educazione). In nessun caso però sono da scusare atti di violenza. Sicuramente l’aggravante è che l’arbitro fosse donna, ma non perché noi donne siamo inferiori ma semplicemente perché la differenza fisica 90 kg lui e 50 kg lei, avrebbe potuto causare serissimi problemi. Dico infine, che Benvenuti è stata un super donna arbitro, perché con tutto il colpo di frusta ha continuato ad arbitrare, e lei è un grande esempio, perché chiunque avrebbe fermato la partita”. Mariateresa Comerci, arbitro di basket (femminile e maschile) di Reggio Calabria, ne è certa: un bravo arbitro è un bravo arbitro. Uomo o donna che sia. Ma, certo, per le donne in alcuni casi la strada può essere un po’ più ripida.
L’episodio che ha coinvolto Benvenuti ovviamente ci si augura che sia più unico che raro, ma rappresenta una concreta paura per un arbitro donna in mezzo a una competizione di uomini decisamente più robusti. L’arbitro è il vero e proprio depositario della legge di una partita, un ruolo di grande responsabilità senza il quale il match non può essere disputato. Il proprio ruolo, però, pone in una situazione delicata: spesso non è accolto bene né dal tifo né tanto meno dai giocatori. Per questo motivo non è facile essere arbitro (uomo o donna) e ci vuole sicuramente una grande motivazione.
Ormai sono quasi nove anni che, fischietto alla mano, Mariateresa arbitra partite maschili e femminili in tutte le categorie, fino alla finale di serie C femminile della sua regione. Il suo viaggio nel mondo dello sport è iniziato quasi per caso: accompagnando in federazione il fratello, arbitro di basket regionale, si è ritrovata anche lei a seguire un corso per arbitro. All’inizio non è stato semplice far valere il proprio ruolo soprattutto in mezzo a giocatori maschi, superare il pregiudizio e magari andare in trasferta e trovare banalmente lo spogliatoio con la doccia per lei. Una volta acquisite la pratica, l’esperienza e maggiore sicurezza, Mariateresa è stata ben accolta dai giocatori, dimostrando la sua competenza. “All’inizio avevo paura ad arbitrare ragazzoni grandi il doppio di me – dice Mariateresa – quindi inizialmente mi sono sentita un po’ in difficoltà. Vedevo i miei colleghi più giovani partire e andare e io ferma qui, oppure allenatori o giocatori che non mi prendevano sul serio”. Con il tempo e l’esperienza tutte queste paure sono passate: “Ovunque vada – dice ancora Mariateresa – scendo in campo con il sorriso e mi presento e faccio capire il mio impegno e la mia dedizione e ogni problema sparisce”. Anzi: nonostante la differenza fisica a suo sfavore con giocatori uomini, arbitrare le partite femminili per Mariateresa è comunque più complesso, trova infatti il loro gioco molto più faticoso da seguire, caratterizzato da moltissima grinta e sana competitività.
Gli anni sono serviti a rafforzare l’esperienza: c’è voluto e ci vuole tanto esercizio fisico e tanto allenamento. Inoltre, per essere un buon arbitro, uomo o donna, sono molto importanti l’aspetto psicologico e la concentrazione: un arbitro che è ben allenato ma che ha timori a fischiare, mette in pericolo la gestione della partita. Secondo Mariateresa la dote principale da avere è “la capacità di ammettere di aver sbagliato, riuscire ad ascoltare chi pone delle perplessità o anche critiche in campo, mentre il più grande limite è la presunzione di aver sempre ragione e pensare che il fischietto che si porta sia quasi un’arma di giustizia”.
Nonostante le fatiche, Mariateresa non tornerebbe mai indietro e si sente fiera del ruolo che ricopre. Con orgoglio mi racconta che ultimamente è stata convocata per il CSI (Centro Sportivo Italiano) a Cesenatico alle finali nazionali U10 e U12: un’occasione certamente importante per la sua carriera, un’opportunità per incontrare tanti ragazzi e tanti genitori tifosi, cui si sentirebbe di consigliare: “Fate divertire i vostri figli e credetemi saranno più felici. Non abbandonatevi ad offendere gli avversari o l’arbitro, anzi fate tifo anche per gli altri, perché sono tutti bambini ed è il loro tempo per divertirsi!”.
Finali Nazionali di basket under 12 di Cesenatico – 2017