“Ma Felicita era sicura: la nonna aveva capito che la terra promessa non era poi così distante dal posto in cui aveva vissuto tutta la vita…, e in fondo bastava un piccolo sforzo per superare ciò che la allontanava dal suo solito mondo e la portava in un mondo straordinario, lì accanto”.
La terra promessa della nonna di Felicita è il mare, quel mare che “immerso in uno spazio e silenzio infiniti” la nonna, sarda caparbia e orgogliosa che vive nell’entroterra, accetta di visitare, trascinata alla nipote, solo alla fine della sua vita. Ogni protagonista di questo nuovo delicato romanzo di Milena Agus ha la sua terra promessa, ‘quel vago avvenir che in mente avevi‘ che si cerca per tutta la vita. Nell’opera della Agus, esponente della Nuova letteratura sarda, respiriamo i sogni, le illusioni e spesso le disillusioni di tre generazioni di sardi alla ricerca della loro, personale, terra promessa.
Per la mamma di Felicita, Ester, la terra promessa, da raggiungere con il matrimonio, è la fuga dalla sua terra e la vita in Continente, (e ‘Continente’ è il titolo della prima parte del romanzo). Ma presto la sua terra promessa, guidata da una nostalgia fortissima, diventerà il ritorno nella sua terra, nella sua isola, quella Sardegna coprotagonista nelle opere della Agus e a cui è intitolata la seconda parte del libro. Una volta tornata in Sardegna la terra promessa di Ester diventerà il matrimonio, mai realizzato, della figlia con un facoltoso rampollo locale, Pietro Maria. E per Felicita? L’amore di Pietro Maria è la sua terra promessa, ma non cederà alla facile tentazione di accontentarsi di un matrimonio senza amore, e procederà sola per la sua strada, senza accettare compromessi. Come a chiudere un cerchio, la terra promessa del figlio di Felicita, Gregorio, sarà, come già per i suoi avi che emigravano dall’Italia povera, l’America (titolo della terza parte del romanzo) dove il ragazzo potrà realizzare il suo talento musicale.
Milena Agus, come già in altri suoi romanzi, ci prende per mano e attraverso una scrittura cruda, realistica e, allo stesso tempo poetica, ci porta a conoscere intimamente i desideri e le frustrazioni dei protagonisti. Immergendosi tra i personaggi del suo romanzo, la domanda sembra essere se tutto questo affannarsi nell’inseguire i propri sogni, il più delle volte irrealizzati o irrealizzabili, abbia un senso. Anche quando il destino si accanisce contro, quando la malattia toglie ogni speranza nel domani, quando le differenze di classe pesano, o quando l’amore non viene corrisposto. La tentazione è quella di cedere al pessimismo cosmico di Leopardi, la cui poesia aleggia lungo il corso del romanzo. La risposta sembra trovarsi nel personaggio di Felicita, una donna forte e coraggiosa, che conserva il sorriso in ogni circostanza, una “feliciotta positiva” che non si piega e non si accontenta di una terra promessa di ripiego. Una donna che lotta fino alla fine perché il figlio la trovi la sua terra promessa (“E se New York fosse stata per lui la sua terra promessa?“) .La risposta sembra trovarsi fra i pensieri di Felicita quando, in attesa del figlio, si chiede se questo figlio non avesse tutti i torti a essere indeciso se venire al mondo o no. Alla fine, si dice Felicita, suo figlio “si sarebbe innamorato, fatto qualche risata, avrebbe amato”. E tanto basta.
“Terre promesse” di Milena Agus (casa editrice Nottetempo)
MILENA AGUS
Nata a Genova nel 1955 da genitori sardi, Milena Agus vive e lavora a Cagliari, dove è insegnante. È un’esponente della Nuova letteratura sarda, cioè di quella letteratura che a partire dagli anni ottanta, si descrive non tanto come un movimento o aggregazione, ma come un fiorire di opere di autori di romanzi e altri testi che condividono temi, generi e stili, oltre ad avere per lo più la Sardegna come localizzazione. Milena Agus ha esordito con Mentre dorme il pescecane (Nottetempo, 2005), che ha avuto due ristampe in pochi mesi, ma è stato Mal di pietre il libro che l’ha rivelata al grande pubblico ed è stato finalista al premio Strega, al premio Campiello e al premio Stresa di Narrativa.