Adesso che finalmente anche i giornali sembrano aver ceduto all’evoluzione della lingua (e della specie), e chiamano (abbastanza) normalmente la sua responsabile con la giusta declinazione femminile “sindaca” Chiara Appennino, il suo capo di gabinetto Paolo Giordana sembra essersi impigliato fra le maglie delle professioni che considera forse meno qualificanti, e si auto-definisce, nell’intervista data a La Repubblica il 12 giugno, “la” centralinista del palazzo. Pare infatti abbia detto testualmente “Utilizzando una metafora, io sono UNA centralinista. Sono uno strumento”.
Forse dovrebbero informarlo che, così come esistono le sindache donne, esistono anche “i” centralinisti uomini, e non avrebbe quindi avuto bisogno di “riqualificarsi” al femminile per acquisire metaforicamente questo ruolo. Ma certo avrà dalla sua parte alcune donne architetto che hanno recentemente rifiutato di chiamarsi architette – la desinenza sembra essere per loro proprio eccessiva e svilente – o il giornalista che, considerando cacofonica la parola “ministra”, si è fatto recentemente riprendere in diretta dalla ministra Fedeli sulla scorrettezza grammaticale dell’averla chiamata ministro.
D’altronde sappiamo che la realtà precede le definizioni, e nell’immaginario di molti – forse anche del vice della sindaca Appennino – la centralinista è ancora donna e il ministro… uomo.
P.s. Naturalmente il tutto con buona pace degli oltre 80mila italiani che lavorano quotidianamente nei call center. Uomini e donne che siano.