L’equilibrio di genere non è un lusso, è una necessità per tutti, a partire dai top manager che si trovano oggi a guidare aziende in condizioni di mercato, a dir poco, impegnative. Certo, la gender parity non risolve tutti i problemi, ma offre un valore aggiunto inestimabile in termini di bacino di cervelli, diversità di visione e di approccio al business, che si traduce in un indiscutibile fattore critico di successo.
C’è da dire che la stragrande maggioranza dei Ceo è uomo – a livello globale meno del 5% di chi possiede o gestisce grosse e importanti società è donna, secondo il report Women in Business and Management dell’Ilo -, cosa che rende non necessariamente più difficile raggiungere il traguardo a condizione che ci sia l’onestà di riconoscere l’esistenza di un gap culturale da colmare; la convinzione che il tema della leadership – perché è di questo che stiamo parlando – è prioritario; la consapevolezza di quanto un Ceo rappresenti un modello di riferimento influente sui comportamenti dei dirigenti e, a cascata, di tutte le persone coinvolte in azienda.
Ecco una carrellata di cosa pensano in proposito top manager del calibro di Mauro Meanti, Donato Iacovone, Enrico Cereda, Camillo Candia e Pietro Martani, ai quali Alley Oop ha posto la domanda: “Quali sono i traguardi che vi aspettate di raggiungere grazie al contributo femminile quest’anno?”
Mauro Meanti, Amministratore delegato di Avanade Italia
«Premesso che senza contributo femminile, così come senza contributo maschile, non raggiungeremmo proprio nessun traguardo, ci sono due aree di trasformazione dove il lavoro e la differenza (di stile, di approccio) delle nostre colleghe hanno un effetto moltiplicatore. La prima è quella dell’innovazione e di un nuovo modo di disegnare le soluzioni, basato sull’interazione, dove le capacità di empatia e di ascolto giocano un ruolo fondamentale. La seconda area, più interna, è quella di trasformazione verso una leadership diffusa, dove ognuno si faccia carico della propria responsabilità e “pensi come l’amministratore delegato” cercando di risolvere i problemi mantenendo la visione d’insieme; una competenza molto naturale per le donne».
Donato Iacovone, Managing Partner EY per Italia, Spagna, Portogallo e Presidente 30% Club
«Il tema della leadership femminile è prioritario ma non ancora sufficientemente affrontato: incrementare la presenza delle donne ai vertici delle aziende non è solo è un obiettivo in linea con i principi affermati nel diritto internazionale sugli Women’s Rights, nelle direttive comunitarie e nel diritto italiano, ma rappresenta un’opportunità per aziende che mirano allo sviluppo sostenibile e a una crescita più equa. Con il 30% delle donne in posizione di leadership, è dimostrato che un’azienda può aumentare i margini fino al 6% in più. Eppure, a livello globale, il 60% delle aziende non ha donne nel board e il 50% non ne ha tra i top executive. L’Italia, poi, presenta un tasso di occupazione femminile molto basso, pari al 47%, sostanzialmente fermo da oltre un decennio. Il problema è più accentuato al Sud, dove il dato è immobile al 30 per cento. E’ ora dunque di passare dalle dichiarazioni d’intenti ad azioni più concrete, cominciando a definire la “pipeline” delle donne nel lavoro così da delineare e accelerare i percorsi di crescita».
Enrico Cereda, presidente e amministratore delegato IBM Italia
«Il valore economico e organizzativo delle donne sta nel fatto che da una leadership bilanciata nel mondo del lavoro nascono nuove opportunità di business. E questo equivale anche a un incremento del PIL e della produttività. Sostenere le iniziative del 30% Club significa quindi colmare un gap senza più giustificazioni e contribuire alla crescita del Paese. L’attenzione e il rilievo che IBM attribuisce alla diversità di genere, sono ben rappresentati dalla nostra storia. A partire dal fatto che la più alta carica della nostra azienda a livello mondiale è ricoperta da una donna, Ginni Rometty, per proseguire con le tante iniziative che dedichiamo a questo tema quotidianamente con l’intento di rafforzare i talenti e la promozione delle carriere al femminile».
Camillo Candia, amministratore delegato di Zurich Italia
«La valorizzazione della leadership femminile rappresenta una straordinaria opportunità che non sempre le aziende riescono a cogliere, troppo spesso influenzate da quei pregiudizi che vedono il contributo lavorativo femminile penalizzato dalla maternità e dalla gestione familiare. Le donne in realtà sono in grado, spesso più dell’universo maschile, di offrire elementi determinanti e al tempo stesso poco presenti nello scenario aziendale: l’attitudine al multitasking, la costanza nel lavoro, con un’attenzione tanto al breve quanto al medio-lungo termine, una grande capacità di programmazione e di gestione dei conflitti e di situazioni complesse con pragmatismo e spirito di conciliazione. Tutte queste dimensioni hanno naturalmente una particolare rilevanza nel mondo aziendale, specie in quello moderno che si dimostra sempre più complesso. Affinché la diversity non sia un mero slogan, ma diventi parte centrale della cultura d’azienda, in Zurich adottiamo, tra gli altri strumenti, politiche di retribuzione e di promozione trasparenti e che puntano a garantire un ampliamento della presenza femminile anche nei ruoli decisionali».
Pietro Martani, Ceo & Founder di Copernico e Windows on Eruope
«Il punto di vista femminile sul business è una conditio sine qua non per lo sviluppo di un’azienda sana e di successo. Nel mio team più prossimo figure femminili mi aiutano a tenere insieme le fila del business e in azienda diverse donne hanno ruoli chiave e gestiscono business unit di successo. Insieme, stiamo portando avanti un processo di preparazione dell’azienda per le sfide di scalabilità che ci attendono. Il 2017 sarà un anno decisivo per Copernico e Windows on Europe, che si organizzeranno per accrescere la loro competitività anche sul piano internazionale; difficilmente mi immagino possano riuscirci, senza il contributo femminile».