L’energia umana è la risorsa più critica che abbiamo. Non il tempo. A metterlo a fuoco in tempi recenti è il Johnson & Johnson Human Performance Institute dopo 30 anni di studi scientifici sul tema condotti dai due fondatori, il noto psicologo Jim Loehr e il fisiologo di fama internazionale Jack Groppel. Un profondo lavoro di ricerca teorica e applicata, che ha portato a indagare gli effetti della gestione dell’energia su grandi sportivi, medaglie d’oro olimpiche, unità speciali dell’FBI e amministratori delegati di grandi aziende.
Tutto nasce da una visione olistica dell’essere umano e del suo equilibrio, al quale concorrono quattro tipi diversi di energia, raffigurati nella piramide dell’energia umana: energia fisica, associata allo stile di vita; energia emotiva, associata alle emozioni e alla resilienza; energia mentale, associata ai processi cognitivi come il pensiero, l’analisi e il processo decisionale; energia spirituale: l’energia legata ai propri scopi, valori e credenze.
E’ al governo di questa piramide che dobbiamo tendere, come individui ma anche come imprese, piuttosto che cadere nel tranello della carenza di tempo per “stare dietro a tutto”, perché è questa la chiave per mantenere alte le prestazioni personali e collettive. Ed è questo il motivo per cui l’istituto utilizza il programma Energy for Performance Life (EFPIL) innanzitutto nelle aziende del gruppo Johnson&Johnhon, tra cui Jansseg-Cilag, azienda farmaceutica leader nel mercato italiano. Delle circa 1000 persone che vi lavoravo e che hanno seguito il training multidisciplinare basata su psicologia, fisiologia e nutrizione, l’80% ha dichiarato di aver registrato nella propria vita cambiamenti significativi.
E’ un tema che riguarda tutti, ma in primis le donne. Sì, perché è a loro che la vita e la società chiede di più. «L’energia che le donne devono mettere in tutto è doppia rispetto agli uomini. Una volta era quadrupla, quindi la situazione è molto cambiata – afferma Loredana Bergamini, alla guida della direzione medica di Janssen-Cilag dopo una lunga carriera nel settore pharma -. Non è più necessario essere wonder women per permettersi una carriera e una vita privata. Oggi possiamo ambire e accedere a entrambe senza troppi sacrifici, ma ci vuole comunque una profonda consapevolezza per mantenere un equilibrio sano».
Forse è anche per questo (oltre a politiche retributive valoriali, allo smart working, al job posting, ecc) che Janssen vanta una significativa presenza femminile nell’intera pipeline dei percorsi di carriera: il 44% dei dipendenti è donna (la media dell’industria nazionale si attesta intorno al 25%); 41,5% di donne è in posizioni di senior management (manager e quadri), circa il triplo rispetto alla media nazionale; il board è composto quasi al 50% da donne.
«Per noi – commenta Bergamini alla guida di 97 persone che si occupano di Ricerca e Sviluppo, di cui il 70% donne – non è una questione di quote rosa. E’ piuttosto un tema di pari accesso alle opportunità di carriera e di favorire l’efficacia della presenza femminile in azienda». Insomma, una questione di meritocrazia e, ça va sans dire, di energia.