Nonostante siano il 96% dei CEO delle Fortune 500 e occupino l’80% dei seggi del Senato, gli uomini americani si sentono sempre più discriminati, e, secondo l’Harvard Business Review, la campagna elettorale in corso ne mette in luce le paure. Se nel 2012 il 9% dei repubblicani si sentiva molto discriminato, nel 2016 questa percentuale è salita al 18%: un Repubblicano su cinque pensa quindi di subire pesanti discriminazioni dovute al fatto di essere un uomo.
Questo dato, già impressionante di per sé, arriva addirittura al 41% se si contano anche gli uomini che si sentono “un po’ discriminati”: insomma, i Repubblicani americani sono pronti ad alzare gli scudi per difendere la propria condizione di “maggioranza”. E qui sta la chiave di questa notizia: per la maggior parte degli uomini, la discriminazione sembra essere un “gioco a somma zero”: se si danno dei vantaggi a uno dei due sessi, l’altro verrà di conseguenza svantaggiato.
Quindici anni fa non era così: ai giovani e alle donne era chiaro che il raggiungimento della parità non avrebbe comportato svantaggi per nessuno, ma oggi questa visione sembra essersi estremizzata in una logica “io vinco-tu perdi”. Per questo, politiche aziendali che favoriscono la conciliazione o la crescita del gruppo di minoranza, sono spesso attivamente contrastate dal gruppo di maggioranza.
Per le logiche tipiche dei gruppi che, pur senza essere realmente discriminati, si percepiscono come tali, la reazione è concreta e ha degli effetti nel mondo reale anche quando la causa è solo “percepita” e non reale.Questo vuol dire che una popolazione di uomini “discriminati immaginari”, particolarmente allarmati dalla possibilità di avere una donna presidente, può effettivamente danneggiare il cammino verso la parità che è in corso ma ancora ben lungi dall’essere a buon punto, in America e nel resto del mondo.
E allora noi donne, che ben sappiamo come ci si sente ad essere “minoranza”, facciamo qualcosa che gli uomini non hanno mai fatto per noi: cantiamo una canzone per loro, dal titolo “Men should have it all”.