Je m’appelle Laura. Si legge alla francese, Lorà, anche se qua a Nizza ci sono tanti italiani e qualcuno dice anche L-a-u-r-a, che è buffo sentire pronunciare tutte le lettere e mettere l’accento nel posto sbagliato. Ho otto anni, ma le mie insegnanti dicono che sembro più grande, perché sono alta e poi ragiono con la testa di una che è in sixième anche se io vado solo all’école primaire.
Papà però dice che non è vero che sono grande, perché mi porto sempre dietro Lili e solo i bimbi piccoli lo fanno. Anche Jacques, che è il mio fratellino, tiene sempre con sè il suo doudou, che è uno strano topo con gli occhiali, ce l’ha anche stasera, ma lui di anni ne ha solo quattro.
Non è mica vero che sono come Jacques, però. Lui, per esempio, adesso che ci sono i fuochi d’artificio stringe forte forte la gamba del papà e ci si nasconde dietro, e io invece li guardo, non mi fanno mica paura, poi se c’è Lili con me non ho paura di niente, basta che me la tengo vicina e che strofino le dita sul suo vestitino rosa, e passano tutte le cose brutte. E’ il 14 luglio e mamma e papà ci hanno portati alla parata, e al concerto, e stasera ci è permesso di stare alzati fino a tardi, ma quel piagnone di Jacques continua a dire che è stanco, così la mamma ci porterà a letto appena finiscono i fuochi. Uffa. Io volevo stare sveglia ancora, finché oggi diventa domani, che deve essere una cosa proprio magica, poi si sta bene qua vicino al mare, ci sono le luci, la musica e tanta di quella gente che la mamma e il papà ci dicono di stare vicino a loro ogni due minuti.
Jacques è proprio strano, non guarda i fuochi, gli dà fastidio la musica alta, poi si entusiasma per delle cose assurde. Gli piacciono le gru, i trattori e i camion, soprattutto i camion, e più grossi sono più lui è contento. Anche adesso si sposta dalle gambe del papà e indica davanti, dice che c’è un camion, come un camion? Alla parata? Impossibile, dice la mamma, e invece eccolo lì, e va anche forte, Jacques sembra contento ma tutti gli altri urlano e scappano.
All’improvviso. La mamma comincia a tirarmi per un braccio per portami via, e tutti quelli che attorno a noi corrono e ci spingono, papà prende in braccio Jacques, e a me scivola Lili.
No, Lili no! Provo a urlare, ma qua è tutto un urlare, mica mi sentono. E il camion è così vicino adesso, e se la schiaccia?
La mamma mi tira nell’altra direzione, e ha la faccia arrabbiata e anche qualcos’altro, che sembra paura, ma la mamma non può mica avere paura, che se ha paura lei allora non va bene per niente. Però Lili è là in mezzo alla strada, da sola, e a me viene da piangere.
Un secondo per decidere, un secondo prima che quel camion gigante sia qui. Guardo la mamma, guardo la mia bambola vestita di rosa. E lascio la mano della mamma. Solo un attimo, le prometto.
Corro a prendere Lili.