Nonostante tutto, le retribuzioni italiane tengono il passo dell’inflazione, anzi guadagnano qualche buon punto. Questa è la buona notizia, la cattiva è che persiste in Italia il “gap di genere”, ovvero lo scostamento tra il livello retributivo di donne e uomini a parità di funzione e livello di inquadramento. A spiegarlo chiaro è la ventunesima edizione del Rapporto Retribuzioni elaborato da OD&M Consulting, società di Gi Group specializzata nella gestione e valorizzazione delle risorse umane. Studio che ha analizzato il profilo di circa 380mila lavoratori del settore privato sull’intero territorio nazionale. Ciò che emerge è che «se, a livello generale la Retribuzione Totale Annua (RTA) media degli italiani è cresciuta del 3,7% rispetto all’anno precedente, a fronte di un’inflazione sostanzialmente nulla, gli stipendi per le lavoratrici donne continuano a segnare uno scarto anche rilevante in confronto a quelli dei colleghi uomini: la forbice varia da un massimo del 12,7% per gli operai, ad un minimo del 7,2% per i quadri; tuttavia il confronto col 2014 mostra come proprio nelle categorie di quadri e dirigenti il divario sia aumentato tra i due e i tre punti percentuali».
Anche estendendo l’analisi al quinquennio 2010-2015, la tendenza all’allargamento della forbice retributiva risulta più accentuata per le categorie di dirigenti e quadri, con gli uomini che nel 2015 arrivano a guadagnare rispettivamente 12.000 e 3.900 euro in più rispetto alle colleghe donne. «In controtendenza invece – spiega lo studio – impiegati e operai che nell’ultimo hanno visto ridursi il gap di genere, in particolare i primi hanno raggiunto il livello più basso misurato a partire dal 2010, pari a circa 2.200 euro».
Lo scenario muta quando «si considerano i soli percettori di retribuzione variabile: tra questa popolazione – che interessa soprattutto dirigenti e quadri – il divario retributivo basato sul genere si riduce, segno che quando vengono presi in considerazione gli effettivi risultati conseguiti e le performance realmente raggiunte le donne vengono valorizzate e la situazione parzialmente riequilibrata». In particolare: «nel caso dei dirigenti se si considera il dato generale, che include sia chi ha effettivamente percepito il variabile sia chi non lo ha percepito, gli uomini hanno una retribuzione fissa superiore rispetto a quella delle donne del 9,2%, una variabile superiore del 20,6% e una totale annua superiore del 10,3%, ma se si analizza solo chi ha percepito il variabile il gender gap si riduce per fisso, variabile e RTA, rispettivamente di 3, 11 e 3,6 punti percentuali.