Interno giorno. Un giorno di maggio di questo 2016. Il Consiglio islamico del Pakistan fa una proposta di legge per consentire agli uomini, in determinate circostanze, di picchiare leggermente le proprie mogli. Leggermente…Quando si vestono come non dovrebbero, quando rifiutano un rapporto sessuale, quando parlano con un estraneo.
La telecamera stacca. Roma. Pochi giorni dopo. Una studentessa universitaria muore carbonizzata per mano del suo ex fidanzato, che non si rassegna al fatto che lei ora ama un altro. Terza immagine. Stati Uniti, Stanford: una delle università più blasonate del Paese. È qui che si plasma la sua classe dirigente. Uno studente stupra una compagna, ubriaca; testimoni oculari assistono alla scena. Il giudice lo condanna a soli sei mesi “per non rovinare la sua carriera sportiva”. E il padre del ragazzo rilancia, indignato: non capisce perché per un gesto da 20 minuti suo figlio sia costretto a mandare in fumo 20 anni di vita da studente modello. Modello..
Tre storie, un’unica tristezza. La desolante consapevolezza che le donne sono indifese a quasiasi latitudine. Non basta vivere a Roma, nella culla della cultura occidentale e razionalista, per potersi aspettare di avere gli stessi diritti di un uomo di cambiare idea sulla propria vita. Non basta nemmeno vivere nel tempio della cultura americana per essere certe di essere tutelate. Che un no è un no, anche quando si è bevuto troppo.
L’élite americana vale quanto il consiglio islamico del Pakistan. le donne hanno lo stesso valore a Roma, a Stanford, a Karachi. Diffidate di chi dice che gli islamici sono integralisti e noi siamo il mondo libero. La triste verità è che per alcune donne non fa nessuna differenza. A qualunque latitudine, è la stessa sconfitta.