“Il settore del cinema in Italia è in crescita e in fase di cambiamento. In crescita perché nel 2015 ha messo a segno un +6% anche grazie all’effetto Checco Zalone e in cambiamento per l’ingresso di Netflix nel mercato”. Federica Lucisano, produttrice cinematografica italiana e dal 2003 amministratore delegato di Lucisano Media Group (50,7 milioni di fatturato e 5,1 milioni di utile), è positiva sul prossimo futuro del settore in Italia e affronta i cambiamenti con entusiasmo e progetti nuovi. «Stiamo lavorando al progetto di un aumento di capitale per far entrare nel capitale un investitore industriale, pronto a riconoscerci un prezzo ai livelli dell’Ipo. La società però non è in vendita» precisa l’ad, aggiungendo poi «ma come dicevano in Proposta indecente, tutto ha un prezzo». E d’altra parte il comparto è in fermento e potrebbe ridisegnarsi nel prossimo futuro dopo l’accordo Vivendi-Mediaset su Premium e con Sky che sta cercando i propri spazi: nella distribuzione «un’ipotesi sul tavolo di lavoro è un pool con altri gruppi per Sky Italia», che potrebbe coinvolgere Cattleya, Wildside, Palomar e Indiana.
In quale direzione volete crescere?
Abbiamo piani di espansione molto forti, lungo tre direttrici. Negli esercizi siamo al momento il terzo operatore in Italia con una quota di mercato del 2% e ampi margini di crescita rispetto ai primi due player che superano il 20%. Abbiamo 56 schermi in 7 multiplex e abbiamo superato i 2 milioni di spettatori. Stiamo studiando un business plan di espansione e in questo ci viene incontro anche il nuovo disegno di legge che dovrebbe essere approvato prima dell’estate sull’industria del cinema. Puntiamo a crescere anche nelle produzioni televisive e cinematografiche. Mia sorella Paola ha già annunciato l’accordo con il regista Nicolas Winding Refn del film cult Drive per una lunga serie internazionale titolata Les italianes. Nel Cinema realizziamo 4 o 5 film all’anno e nel 2016 gireremo il seguito di “Io che amo solo te” con lo stesso cast, un film a Milano con Edoardo Leo e un altro con Massimiliano Bruno che avrà come protagonista Alessandro Gassman, oltre a due opere prime e al sequel di My Statu Uniti di Vanzina. Infine nella distribuzione abbiamo già dei contratti importanti. Tutto questo programma ci fa presupporre una crescita dei risultati rispetto al 2015.
Per questi progetti servono capitali…
Oltre all’aumento di capitale a cui ho accennato, abbiamo appena rinnovato il finanziamento per 40 milioni in otto anni con il gruppo Intesa Sanpaolo e con Unicredit ad un tasso del 2,75%.
In Borsa, però, il titolo tentenna dalla quotazione di due anni fa?
Il titolo non riflette, a nostro avviso, il valore dell’azienda. Inoltre è quotato su un mercato, l’Aim, molto illiquido e il nostro flottante è solo del 12%. Si potrebbe pensare a passare al segmento Star, ma la volatilità dei mercati ci suggerisce di rimandare il progetto.
In Italia ci si è sempre lamentati che non si investe sul cinema, continua ad essere così?
Il disegno di legge in via di approvazione, speriamo prima dell’estate, è molto positivo anche per la produzione, perché prevede investimenti doppi rispetto a quanto finora fatto in Italia, anche se resteranno sempre un terzo di quanto viene invece investito in Francia. Inoltre è una normativa che si basa sulla meritocrazia e darà un grosso slancio alla professionalità e all’industria, che finora ha sofferto per mancanza di player, di sostegno legislativo e diciamolo anche di idee. Ora, un’opera prima come Jeeg Robot apre nuove direzioni di sviluppo perché abbiamo capito che quella strada è percorribile. Inoltre la nuova legge prevede nella distribuzione il recupero dei cinema in centro città e nelle aree più in sofferenza.
Qual è il film che le sarebbe piaciuto aver fatto?
Perfetti sconosciuti, perché è come si dice “my cup of tea”, tanto che in molti pensano l’abbia fatto io.
Cosa ricorda dei tempi di Alberto Sordi?
Mi ricordo quando siamo andati a fare un sopralluogo a New York sotto Natale e sulla Fifth Avenue ci fermavano tutti, non riuscivamo a camminare.
Ora le star non hanno più quello standing?
Non c’è più quello star system. I media, inoltre, bruciano in maniera molto rapida i talenti.
Cosa manca, invece, più in generale all’Italia come Paese?
Come nel cinema, in generale in Italia sono mancate le idee. Sono di origine calabrese, un tratto della costa della mia regione è completamente in mano agli stranieri. Noi non abbiamo saputo valorizzare il nostro vero petrolio: le bellezze naturali, la ricchezza turistica, la moda e il design. Manca un pensiero strategico coordinato. Gli stati Uniti, ad esempio, hanno fatto del cinema la loro seconda industria perché hanno capito che attraverso il cinema erano in grado di esportare l’american way of life.
Cosa si augura per l’Italia in cui crescerà so figlio?
Voglio che mio figlio viva in Italia e frequenti la scuola italiana.
Cosa pensa della questione della Meloni sindaco-mamma?
Quando parliamo di parità di genere in Italia dobbiamo pensare a tutte quelle donne che hanno bisogno di servizi che consentano loro di essere mamme e poter lavorare allo stesso tempo. Io sono una donna fortunata e privilegiata, ma devo pensare alle mie collaboratrici. Questo è il modo giusto di vedere la questione.
Come è stato il passaggio generazionale in azienda fra padre e figlie?
Il fatto di avere due figlie è stato paradossalmente un vantaggio perché non c’è stata competizione pur nella dialettica familiare vivace. E’ stato un passaggio non traumatico che sicuramente trova le sue radici nel rispetto e nella stima reciproci.
Un consiglio a un giovane (uomo) che vuole fare la sua carriera?
Deve fare esperienza negli stati Uniti per avere una visione internazionale e di come funziona l’industria. Deve poi imparare a partire dalle storie avvincenti e originali per poterle sviluppare. Bisogna sempre farsi una domanda: come faccio a convincere lo spettatore a uscire, venire al cinema, spendere soldi e scegliere il mio film piuttosto che un blockbuster americano?