La startup che cura i bambini (perché tornino a giocare fin dal giorno dopo)

Giovanna Zucco_3Sono già un migliaio, in Italia, i bambini che hanno subito operazioni ortopediche nelle quali sono stati impiegati mezzi di sintesi firmati Kidcare. Perché “i bambini non sono degli adulti in miniatura: è tutto diverso, a cominciare dalle ossa. Quelle dei più piccoli non sono fragili come quelle degli anziani, per le quali servono prodotti che generalmente non si rimuovono più. I bambini hanno ossa dure e in continua crescita; diversa è la biomeccanica, diversa la densità”.

Giovanna Zucco ha 44 anni, una laurea in Economia Politica a Pavia, molti anni di esperienza come “specialista di prodotto” per le principali multinazionali del settore biomedicale dedicato all’ortopedia. «Il mio lavoro consisteva nell’affiancare i chirurghi ortopedici in sala operatoria, per dare un supporto tecnico; una sorta di navigatore stradale, quando si trattava di scegliere fra centinaia di tipologie la protesi più adatta, la tecnica migliore», racconta. E proprio così è nata l’idea della sua startup, fondata nel 2012: “Mancavano prodotti specifici per i bambini, una nicchia poco presidiata dalle multinazionali del settore”. Fra business plan, ricerche di mercato e stesura della documentazione ci sono voluti due anni solo per partire: poi è arrivato il bando Seed Money-FESR co-finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, che ha permesso alla neonata impresa di accedere a una serie di servizi pensati per le realtà giovani e a elevato livello di innovazione.

Quattro anni dopo, Kidcare scommette sulla sua crescita: “Oggi sono in una terra di mezzo: ho ben più di una idea, ho dei prodotti certificati che sono pronti per essere esportati in tutta Europa. Oggi ci sono molte opportunità di finanziamento per chi ha un progetto da far partire, meno per chi è già avviato ma non ha ancora raggiunto determinate dimensioni o non ha partner come, ad esempio, una università”. Per questo l’opzione migliore sembra essere una partnership con un’altra azienda del settore biomedicale: “La sanità sta tagliando decisamente sui costi, e questo non ci aiuta. E poi c’è la valutazione puramente economica: una protesi da adulto – e si tratta di pezzi sicuramente più numerosi rispetto a quelli pediatrici, rende tre volte tanto a impianto. La soluzione più sensata è unire le forze con un altro produttore italiano: spero di concludere l’accordo a breve”.

Giovanna parla al singolare: è sola a dare vita e futuro alla sua impresa, mentre tiene aperto il lavoro “normale” di consulente “perché ho una figlia da crescere, e le scadenze di fine mese da rispettare”. Il suo nemico è la burocrazia: “Io non ho uan app o un servizio da vendere,ma un prodotto specifico: marchio CE e certificazione di qualità sono costati migliaia di euro e mesi di lavoro a compilare documenti, ma ora sono la patente di serietà del mio progetto”.

Al momento Kidcare fonisce agli ospedali pediatrici due tipologie di ausilio: il primo, K.Plate, è una placca a forma di “8” utilizzata nei principalo centri ortopedici italiani, e serve a correggere le deformità assiali in età pediatrica – “a x” o “a botte” – con una pratica poco invasiva, semplice e sicura, e un’incisione chirurgica minima, permettendo ai bambini di tornare a svolgere qualsiasi attività fin dal giorno successivo all’operazione. Il secondo è un chiodo elastico per riparare le fratture delle ossa lunghe, come femore, tibia, radio ulna e omero; si chiama K.Nail, è sottile come un filo, viene inserito nel canale dell’osso midollare e a differenza di un semplice gesso, consente dei tempi di recupero più rapidi. Una terza idea è già in fase avanzata, pronta ad uscire dal cassetto quando le risorse lo consentiranno.

E’ più la fatica o la soddisfazione di inventarsi un’impresa a 40 anni? Giovanna non ha dubbi: “Vince la soddisfazione: quando ho visto i miei prodotti sul sito del ministero della Salute, ho chiamato un’amica e sono uscita a festeggiare”.