Integrazione, Hadi e le sue sorelle nel labirinto delle identità

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“Mio padre si chiama Salim. Ha un sacco di anni. Metà li ha vissuti qui, metà in Marocco”. Comincia così il tema del piccolo Hadi, figlio minore della famiglia protagonista della graphic novel “Possiamo essere tutto”. Edita da Tunuè in collaborazione con Amnesty International, sceneggiata da Francesca Ceci e disegnata da Alessia Puleo, racconta di una famiglia i cui genitori sono emigrati dal Marocco in Italia per migliorare la propria vita e cercare opportunità. Una storia di integrazione, sogni, identità da scoprire e comporre.

In Italia la coppia ha avuto tre figli: Raja, Amal e Hadi. Raja ha ventidue anni e sogna di aprire una libreria. Amal ha diciassette anni, porta il velo e ama il teatro e l’arte moderna. Hadi ha undici anni e scopre nel corso del racconto che non basta nascere in un Paese per esserne cittadino. È la storia di una famiglia che vive in equilibrio tra due culture: quella di origine, marocchina, e quella italiana, di adozione per i genitori e primaria per i figli che sono cresciuti in Italia.

Secondo i dati Istata aggiornati al 2018, i figli minori di famiglie migranti rappresentano il 13% della popolazione minorenne complessiva del Paese. Tre su quattro sono nati in Italia, gli altri ci sono arrivati successivamente. Hanno in comune un certo bagaglio culturale, fatto di tradizione, linguaggio, religione, che va ad assommarsi all’identità culturale italiana, che hanno assorbito attraverso l’educazione e la scuola.

Abitano uno spazio di confine in cui si devono confrontare con il disagio di dover trovare una sintesi tra le due identità culturali che convivono in loro, oltre al disagio dovuto a tutte le volte che dall’esterno arrivano etichette tese a semplificare questa ricerca di identità. Pregiudizi, stereotipi. Scrive nell’introduzione Francesca Cesarotti, Direttrice Ufficio educazione e formazione di Amnesty International: “Esistono gli stereotipi, idee che tutti abbiamo su determinati gruppi di persone, raramente fondate sull’esperienza, e che servono sostanzialmente a semplificare la realtà quando non abbiamo tempo o voglia di soffermarci troppo sulle cose. Esistono i pregiudizi, quando gli stereotipi prendono forza e giudichiamo le persone senza conoscerle”.

C’è dunque una certa differenza tra stereotipo e pregiudizio, ma entrambi possono essere superati e sradicati solo con la conoscenza. Conoscere la cultura di chi è diverso da noi è un primo passo verso una vera integrazione culturale. Ma anche e soprattutto interrogarlo sulle sue scelte senza dare per scontato che siano imposizioni o, peggio, un’ostentazione della non adesione a una fantomatica forma di “italianità” genetica”. Una su tutte, la scelta di una donna di portare il velo. Delle due sorelle, soltanto Amal ha scelto di indossarlo e in un dialogo intenso che ci riporta alla memoria il personaggio di Sana di Skam Italia afferma: “Nemmeno il mondo dell’arte, con tutte le sue assurdità, è pronto per una ragazza col velo”.

Un’altra questione, forse più faticosa da gestire per le cosiddette seconde generazioni, è il doversi scontrare con le difficoltà nel fare progetti per il futuro. Difficoltà a cui i loro coetanei italiani per ius sanguinis non devono far fronte. Raja non riesce a ottenere un finanziamento per aprire la libreria dei suoi sogni perché la cittadinanza è uno dei requisiti fondamentali richiesti. Nella sua esasperazione e frustrazione immagina anche di tornare in Marocco, causando il profondo sconcerto dei suoi genitori. Ma in questo confronto familiare si ricompone il conflitto identitario. Insieme ripercorrono la loro storia e attraversano i sogni di chi come loro è partito o chi come i loro fratelli avrebbe voluto partire o chi come le loro figlie vorrebbe tornare. Tutto ciò che muove queste persone sono i sogni, la ricerca di una possibilità.

“Possiamo essere tutto” significa che quando il presente e le sue circostanze non ci accolgono o, peggio, ci fanno sentire rifiutati, si può partire da ciò che siamo, incontrare e riconoscere la nostra identità ma anche accettare di trasformarla, contaminarla, integrare ciò che pensiamo non ci appartenga e scoprire nuove possibilità. Un messaggio che unisce: conoscerci ci permette di riconoscerci.

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Sceneggiato da Francesca Ceci, disegnato da Alessia Puleo, contiene contributi di approfondimento di Francesca Cesarotti, Fatima Bouhtouch, scrittrice, e Renata Pepicelli, professoressa associata Islamic Studies and History of Islamic Countries, Department of Civilizations and Forms of Knowledge dell’Università di Pisa.

Titolo: Possiamo essere tutto
Autrici: Francesca Ceci e Alessia Puleo
Editore: Tunuè, 2020
Prezzo: 12.50€

  • ezio |

    Concordo perfettamente con la conclusione della recensione ed aggiungo che garnde responsabilità hanno le guide spirituali ed intellettuali dei popoli che emigrano, per guidarli alla migliore integrazione, piuttosto che alla conservazione di rigidità idealistiche, formali estetiche inutili ed addirittura provocatorie fino all’emarginazione alienante delle generazioni giovani.
    L’elasticità è la base dell’intelligenza, mentre la rigidità è l’origine dell’isolamento ed anche del fanatismo ideologico e religioso.
    Il titolo vale già tutto il libro.

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