Il gotha della gastronomia punta a creare un network mondiale

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Si è conclusa ieri la quinta edizione del Parabere Forum a Oslo, in Norvegia. Due giorni, domenica 3 e lunedì 4 marzo per ribadire che è necessario dare potere alle donne nel mondo della gastronomia. L’evento annuale, creato dalla presidente e cofondatrice dell’omonima associazione no profit Maria Canabal, mette insieme il gotha della gastronomia mondiale e punta a creare un network mondiale in cui le donne siano finalmente protagoniste. Perché se la donna è preposta da secoli a sfamare figli, consorti, parenti e affini, non è che possa dirsi un’autorità in cucina. Anzi, in questo settore, a quanto pare, la gender equality è parecchio lontana da realizzarsi. Ed è per questo motivo che Maria Canabal ha pensato di dare vita al forum annuale.

maria-canabalIl motto è #empoweringwomen, ispirato dall’auspicio e dall’iniziativa delle Nazioni Unite #Planet5050 da realizzare nel 2030. Maria Canabal non si è fermata davanti a nulla pur di realizzare il suo sogno. Nel 2015 è stata insignita del premio come “Donna più influente nel mondo della gastronomia”. Ha pubblicato libri e articoli che hanno ottenuto diversi riconoscimenti. Come ogni anno al Parabere Forum non si incontrano solo chef donne provenienti dai cinque continenti, ma si confrontano, attraverso dibattiti e speech, anche opinion leader, studiosi, agricoltori ed esperti per trovare la “ricetta” giusta che coniughi equità, uguaglianza, progresso sociale e sostenibilità ambientale.

Quando ha avuto l’idea di dare vita al Parabere Forum?

«E’ stato più o meno otto anni fa quando ho avuto la piena consapevolezza che le donne nel mondo della gastronomia non avevano visibilità. Ne parlai con diversi amici, dicendo loro anche che avevo l’idea di fare un forum o un convegno. In tanti mi hanno scoraggiato, dicendomi che non era ancora il momento, che la società non era pronta per accogliere questo messaggio. Cinque anni fa, le Nazioni Unite avevano lanciato un programma denominato “HeforShe e allora mi sono detta “Ecco, è proprio il momento!”. Tanti chef uomini l’hanno presa male, in un certo senso come se fosse quasi un’aggressione nei loro riguardi. Alcuni mi hanno persino detto “Ma perché mi fai questo!”. E io invece ho sempre ribadito che sostenere le donne non significa affatto denigrare il lavoro degli uomini. #EmpoweringWoman, che è un po’ il nostro motto, può essere un pilastro per un futuro migliore. Per fortuna, oggi, anche grazie all’onda del #MeToo è più facile affrontare questi temi e questi argomenti, ma fino a cinque anni fa non era così, siamo state le prime e non è stato facile per niente».

Come è stata l’esperienza dell’anno scorso a Malmo?

«E’ andata molto bene, ma nell’edizione di quest’anno a Oslo abbiamo lanciato per la prima volta un premio, il Parabere Care Award, con l’intento di premiare persone o organizzazioni che lavorano per promuovere lo staff, che lavorano con la Work/life integration che è proprio il grande problema di chi lavora in questo settore. E’ stata premiata Alice Waters nello stesso salone dove si tiene la Cerimonia del Premio Nobel per la Pace. Un momento importantissimo per noi, è la “challenge” di questo mestiere».

Pensa di aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissata?

«Sicuramente cinque anni fa era prioritario l’obiettivo di far prendere coscienza di questa situazione nel mondo della gastronomia. Oggi è il tempo dell’azione. E lo facciamo in modo concreto. Lo scorso agosto, ad esempio, abbiamo lanciato la Parabere Gourmet City App dove si trovano gli indirizzi di ristoranti e indirizzi gastronomici condotti da donne di dieci città in tutto il mondo (Bangkok, Berlino, Copenhagen, Galway, Istanbul, Città del Messico, Montreal, New York, Parigi e Sidney), ed è un grandissimo risultato per sostenere l’imprenditoria femminile e cercare di realizzare un network. Inoltre, abbiamo presentato un libro, un saggio collettivo, “Cooking App for a better future” in cui cento donne da tutto il mondo hanno risposto alla domanda su come cambiare l’alimentazione di domani, mettendo insieme esperienze ma anche le loro speranze per il futuro».