Donne e Scienza, essere una nerd è cool

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Sono stati scritti libri per spiegare alle bambine che, fin dalla più giovane età, è importante credere nel proprio talento; organizzate iniziative per ricordare alle ragazze che è fondamentale mantenere vive le proprie ambizioni; redatti studi e proposte per incoraggiare le ricercatrici ad affermare la propria intelligenza in contesti tuttora tradizionalmente chiusi. Eppure, ancora oggi abbiamo bisogno di simboli per ricordare al mondo intero che la strada per le donne che si misurano con la scienza è lunga, ma non impossibile!

Ieri era la “Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza”, voluta dalle Nazioni Unite e patrocinata dall’Unesco. Una giornata che serve a ribadire un messaggio chiaro: la partecipazione femminile in ambito scientifico va rafforzata, incoraggiata e garantita non solo nel rispetto delle pari opportunità, ma soprattutto del talento, un merito che non conosce provenienza, età o distinzioni di sesso.

Una giornata che serve a ribadire a noi donne, per prime, che possiamo e che dobbiamo abbattere il “soffitto di cristallo” e vincere il pregiudizio. “La vita non è facile per nessuno di noi. E allora? Noi dobbiamo perseverare e soprattutto avere confidenza in noi stessi. Dobbiamo credere che siamo dotati per qualcosa e che questa cosa deve essere raggiunta” diceva Marie Curie oltre cent’anni fa.

Non è vero che le donne non possono o peggio non riescono all’interno di un laboratorio, dietro alla lente di un microscopio o alla guida di una missione spaziale. Dobbiamo volerlo. Dobbiamo poter credere in noi stesse, fidarci dei riconoscimenti che otteniamo sui banchi di scuola e provare a vincere quel pregiudizio inconscio che spesso ci fa da freno. Alle ragazze portate per la matematica, per l’ingegneria e in generale per le materie scientifiche dico di non cambiare strada per timore di essere additate come “nerd”. Io non riesco ad immaginare nulla di più “cool”! Leonardo da Vinci, di cui ricorrono i 500 anni dalla morte quest’anno, diceva che il piacere più nobile è la gioia della comprensione. Ecco, per me questo è un principio guida per chi vuole studiare la scienza.

Al Politecnico di Milano, dove ho studiato e ho la fortuna di lavorare, organizziamo incontri con le scuole, tech camp e molte altre iniziative rivolte alle ragazze delle scuole superiori per dimostrare loro che non è vero che le materie scientifiche siano aride né tantomeno impossibili, insegniamo loro ad avere fiducia, a provare a misurarsi con la difficoltà. Lo facciamo attraverso la voce di una studentessa che ha aperto una start-up di successo o di una ricercatrice che studia robot di supporto ai bambini affetti da autismo o, perché no, che a Human Technopole studia i dati per l’analisi del genoma… Le ragazze ancora non si riconoscono in questi modelli, ancora non osano. Un capitale che va tristemente sprecato.

All’interno del programma POP – Pari Opportunità Politecniche – abbiamo organizzato corsi di storytelling per le dottorande, veri e propri role model, e iniziative di Women Mentoring in collaborazione con le imprese. Senza citare le azioni di sostegno a carattere pratico, dalle borse di studio per le giovanissime all’asilo nido in aiuto delle neo mamme. Quello che è certo è che continueremo ad impegnarci perché la nostra università inverta la rotta, perché le donne, che oggi rappresentano un terzo del corpo studentesco (1/5 ad ingegneria con un insufficiente 10% in Corsi di Laurea come Informatica e Meccanica), siano più numerose e più sicure di sé e delle proprie capacità.

Servono riflessioni e sforzi concreti dentro e fuori l’università, dentro e fuori aziende e istituzioni, dentro e fuori le famiglie, che tanto possono fare per supportare crescita, carriera e affermazione come valori che appartengono, prima di tutto, alla persona.