Politica, siamo pronti o no per un leader donna?

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In Germania, dopo 13 anni da protagonista sulla scena politica nazionale e internazionale, Angela Merkel ha passato il testimone di presidente della Cdu ad Annegret Kramp-Karrenbauer. Un’altra donna. E il futuro è donna anche per la SPD. Difficile sostenere la tesi che i tedeschi non siano pronti ad avere una leadership al femminile: non solo sono pronti, sembrano addirittura abituati. E invece non è così. Secondo un interessante studio presentato in Islanda il mese scorso, in occasione del Women Leaders Global Forum, tra i Paesi del G7 la Germania è tra quelli meno attrezzati per avere un premier donna.

L’Italia? È la meno attrezzata di tutti. Per noi il Reykjavik index for leadership creato a hoc per l’occasione segna punteggio 57, il più basso in assoluto (la Germania di Angela Merkel, per intenderci, è a 59). Significa che poco più della metà degli abitanti del nostro Paese ritiene che uomini e donne siano parimenti adatti a guidare la politica. Oppure l’economia. Oppure semplicemente a fare il ceo di un’azienda. I più ottimisti sono gli inglesi. Si troveranno anche nel mezzo ai marosi della Brexit, e per di più con un comandante in capo donna – Theresa May – in caduta libera. Ma il 72% di loro pensa che i due sessi siano parimenti adatti al comando. E che la crisi trans-europea non sia tale solo perché ai vertici c’è una donna. Un uomo, insomma, secodo la maggior parte di loro non sarebbe stato capace di fare meglio.

Appena dietro il Regno Unito c’è la Francia, con uno score del 71%, a pari merito con il Canada. Mentre gli Stati Uniti, nonostante il sessismo di Trump, inseguono da vicino con il punteggio di 70. Il Giappone sta a 61. Poi tocca alla Germania e quindi a noi.

Quello che più colpisce, di questa classifica sulle potenzialità di leadership, però è un’altra cosa. Uno si aspetterebbe che, Italia o Regno Unito che sia, le donne abbiano tutte votato in favore della propria parità. E invece no: solo il 78% delle donne del G7 pensa di valere tanto quanto i colleghi maschi. C’è dunque un 20% di donne, cioè una su cinque, che è ancora vittima di un pregiudizio su se stessa. È come dirsi da sole che no, non siamo uguali, né mai lo saremo. E in questo, paradossalmente, siamo simili agli uomini: solo il 75% di quanti vivono in un Paese del G7 riconosce la parità di sessi nella leadership.

Se dunque – nella migliore delle ipotesi – un’italiana su cinque non crede in una donna premier,  e se poco più della metà degli italiani tutti, senza distinzione di sesso, non vede di buon occhio una signora al Colle o a Palazzo Chigi, siamo o non siamo pronti in questo Paese per una leader donna alle prossime elezioni?