Io (non) viaggio da sola per dire no alla violenza

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È notte fonda quando una ragazza viene aggredita. All’improvviso, mentre sta dormendo, sente qualcuno che la tocca. Il torpore del risveglio dura un attimo. In un brevissimo battito di tempo realizza. La mano che le percorre il corpo non è quella del fidanzato assopito vicino a lei, ma di un uomo che la molesta aggredendola mentre riposa su una delle poltrone da viaggio della nave che la sta portando a Messina. Lei lo guarda, lui con un gesto si porta l’indice alla bocca e le intima di stare zitta. La ragazza, invece, cerca di ricacciare indietro la paura di quei momenti e chiede aiuto. Lo descrive al comandante della nave, al personale di bordo. L’uomo viene intercettato e fermato per violenza sessuale. «La forza di questa ragazza che ha reagito e ha denunciato il suo aggressore mi ha spinta a ideare “Io (non) viaggio da sola. Se viaggi sola, viaggia libera e sicura”» spiega l’attivista Maria Andaloro che ha pensato di realizzare un’iniziativa che possa aiutare le donne mentre viaggiano. «Non tutte trovano il coraggio di denunciare. Ci vuole consapevolezza per avere fiducia in noi stesse e poter così riconoscere la violenza. Non siamo sole, c’è una rete pronta a supportarci se ci succede qualcosa» afferma con fermezza.

Con il contributo dell’associazione Donne in rete Foggia, Donatella Caione della casa editrice Matilda e il lavoro grafico di Maria Grazia Di Gennaro, Maria ha realizzato un pieghevole distribuito per tutto il mese di agosto sulla nave dove si era verificata la violenza, quella che percorre la tratta Salerno – Messina e su tutta la flotta della compagnia Caronte&Tourist.

Un vademecum che informa e sensibilizza attraverso delle domande e delle schede collegate che aiutano a capire cosa fare se nella vita di una donna entra la violenza.
«È un problema culturale e affrontarlo è responsabilità sociale, ognuno di noi deve farsene carico» dice Maria che da cinque anni porta avanti una serie di iniziative tra cui Posto Occupato. Il posto lasciato libero nei luoghi pubblici di tutta Italia che simboleggia un’assenza carica di significato. Quel vuoto che diventa presenza viva e ricorda le donne che hanno affrontato la violenza, quelle che non ci sono più e le cui tracce rischiano di sparire tra le pieghe di una quotidianità famelica che macina a ritmo serrato le notizie e poi spesso dimentica.

Questa nuova iniziativa è, invece, dedicata in particolare a Pippa Bacca. L’artista violentata e uccisa dieci anni fa vicino a Istanbul, mentre era impegnata nella sua performance itinerante Brides in tour.

«Il viaggio è da sempre un mezzo e un fine, è una scelta di vita o per alcuni l’unico modo possibile di vivere; è la metafora della vita stessa» diceva questa donna che amava spostarsi con l’autostop perché aveva fiducia nel mondo. Aveva indossato quello che aveva chiamato “vestito da sposa al contrario”. Un simbolo della sua libertà, con cui valicare confini e attraversare paesi, stringere mani, scambiare abbracci, condividere pezzi di vita, incontrare nuove culture. Pippa era un’anima incondizionata, una divoratrice di sogni sposata con la sua arte che esprimeva in maniera lucida e consapevole. Credeva fermamente che la creatività avesse il potere di restituire la speranza, così si era messa in viaggio per portare pace e rispetto dove c’era la guerra. Finché un uomo l’ha calpestata e l’ha annientata.

«”Io (non) viaggio da sola” è dedicato a lei e a tutte le donne coraggiose che trovano la forza di ribellarsi e denunciare. Ma soprattutto a tutto quel mondo sommerso di invisibili, di chi resta nel silenzio perché ha paura o si vergogna, perché non riconosce sintomi e rischi della violenza» spiega Maria. E proprio nei giorni in cui è partita la campagna, è arrivata una notizia dal Costa Rica che ha scosso. La storia di Maria Mathus Tenorio e del suo zaino colmo di sogni, del suo desiderio di cantare, vivere della sua musica e girare il mondo. Anche Maria è stata uccisa da un uomo che non ha riconosciuto la sua libertà, il suo diritto di viaggiare da sola. «Nessuno dovrebbe interrompere o interferire con la nostra libertà. Essere sole non è una condizione che ci può esporre a dei rischi» dice ancora Maria.

C’è chi dice che se siamo sole, ce la siamo andate a cercare. È sbagliato pensarlo. Le donne non reclamano di essere protette o difese. Chiedono rispetto, non vogliono essere considerate corpi, ma persone che scelgono ogni giorno come autodeterminarsi. Vogliono farlo in prima persona senza che nessuno interferisca o le disturbi. «Il problema non siamo noi, ma chi non è pronto ad accettare che il nostro corpo si sposti e giri liberamente. È un problema culturale» ribadisce Maria che racconta: «Sono salita da sola di notte sulla nave e ho percorso la rotta Salerno – Messina, la stessa dove quella ragazza era stata violentata per far capire che la paura non può frenare i nostri sogni e i nostri desideri».

Maria ora fa un appello: «L’iniziativa può essere estesa ai treni, nelle stazioni, negli aeroporti. Dobbiamo renderci consapevoli. Tutti, donne e uomini, dobbiamo prendere coscienza della violenza di genere e combatterla».

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