Se stiamo insieme ci sarà un perchè

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Purtroppo non stiamo sperimentando appieno l’eccitazione di questi Mondiali. Il calcio mette in gioco una caratteristica rilevante nella specie umana: quella verso la competizione. La nostra capacità di “attaccare o scappare” ci ha consentito di sopravvivere e prosperare nei millenni, e per questo oggi proviamo tanto gusto nel vederlo accadere sul rettangolo verde. D’altronde, come dice la Treccani:

“Questo è il tifo. In Italia, soprattutto e da sempre, il tifo per eccellenza è quello calcistico. Metafora di una malattia che, secondo l’etimo remoto (il greco tŷphos), «indicava propriamente ‘fumo, vapore’, ma per estensione anche ‘offuscamento dei sensi’ e faceva riferimento soprattutto a febbri, che portavano il malato ad uno stato di stupidità», come ci ricorda Marcello Ravesi. Il tifo calcistico è virus latente che si attiva in occasione di ogni discesa in campo”.

Infelici di non essere “ammalati”, gli Italiani sono in questi Mondiali privati del gusto di un ritorno alle origini: all’eccitazione di quella vita delle caverne che tanto ha inciso nella formazione dei nostri istinti e nella cablatura dei nostri cervelli. Per tutti loro, ecco una buona notizia: la specie umana ha un altro istinto fondante, forse anche più forte di quello calcistico: siamo animali sociali.

community-diversity-feet-53958Wikipedia ci dice che “la socialità è la tendenza che gli individui in una specie animale verso l’aggregazione in gruppi e la creazione di società cooperative”. E aggiunge: “La socialità è una risposta di sopravvivenza a pressioni evolutive”.

Senza la capacità di prendersi cura gli uni degli altri, gli esseri umani sarebbero estinti da millenni. Iniziamo dal momento in cui nasciamo: nessun’altra specie ha bisogno dell’accudimento di altri a lungo quanto la nostra. D’altronde, l’investimento parentale è la caratteristica fondante del regno animale. Vi sono animali che hanno solo questo tratto sociale, e vengono chiamati “subsociali”. Uomini e donne sono invece “eusociali”, a indicare il grado più alto di capacità sociale, la capacità di mettere insieme diverse generazioni, una condivisione del lavoro riproduttivo, un accudimento cooperativo verso i giovani e coloro che hanno bisogno.

adult-affection-baby-698878Privati della gioia di vedere l’Italia in campo, potremmo quindi dedicarci a quest’altro aspetto innato e vincente della nostra specie. Ricordarci che, se siamo qui, se siamo vivi, se siamo evoluti, è perché abbiamo saputo stare insieme. Ricordarci che il forte di oggi potrebbe essere il debole di domani, e che tutti prima o poi abbiamo bisogno di qualcuno. Strano a dirsi, mentre sempre nuove storie emergono su come persino la cura parentale sembri un’ingombrante anomalia, anche nelle nostre economie più avanzate.

Il fatto di essere sociali ci ha resi quel che siamo oggi: una civiltà che si è evoluta ed è sopravvissuta nei millenni prendendosi cura dei deboli e restando unita. D’altronde, se il nostro cervello è cablato per “sentire ciò che provano gli altri” ci sarà un perché.