Suona la campanella, scuola finita. Bilancio di un anno di formazione e di errori

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Lo so, i bilanci solitamente si fanno alla fine di un anno solare, oppure il giorno del compleanno. Ma quando esco dalla classe, resto un po’ maestra anche nella vita e un’insegnante, si sa, le riflessioni, si ritrova a farle a giugno. Tra qualche giorno suonerà l’ultima campanella di quest’anno scolastico e mi sembra ancora, dopo tanti anni, davvero strano il pensiero di lavorare nel silenzio di una classe vuota e inanimata. Sono abituata a riflettere attraverso le voci dei bambini, a programmare e riprogrammare la giornata lavorativa più volte, perché la rotta la conosco, ma viene rivista continuamente a fronte dell’imprevedibilità del contesto in cui opero.

A volte mi guardo intorno e penso che sì, davvero la scuola non è perfetta. Le pareti avrebbero bisogno di essere ridipinte, gli arredi rinnovati. Non sono perfetta io, né tutti gli educatori e le educatrici. Eppure, alle pareti sono appesi i disegni dei miei alunni, che nessun murales potrebbe superare in bellezza. In fondo, cosa è la perfezione? Un artificio, un’utopia, un termine che non può avere un significato autentico quando si parla di esseri umani. In questi giorni di riflessione, ho racchiuso quello che è la scuola per me, in poche parole. Spesso, purtroppo, l’istituzione scolastica è stata al centro di vicende mediatiche che l’hanno accostata a termini come ostilità, bullismo, prepotenza, diseguaglianza, violenza.

pexels-photo-736842Per questo voglio riportare i termini positivi che descrivono la scuola nella sua interezza, nella sua funzione più profonda. La prima parola è INCONTRO. Lo psicoterapeuta e scrittore Massimo Recalcati descrive la scuola come luogo di incontri e non c’è niente di più vero. Incontro tra bambini e docenti, incontro delle famiglie con le istituzioni, incontro degli alunni con il gruppo di coetanei. Incontri che diventano preziosi e che danno forma alla scuola, la rendono una comunità. L’incontro con l’altro è l’incontro con le differenze, con i bisogni, con le doti di ciascuno ed è quello che arricchisce e forma anche l’insegnante, non solo l’alunno. E poi, l’incontro più importante, quello con la conoscenza, con il sapere che seguirà ogni uomo e ogni donna per tutta la vita.

L’incontro è anche SCOPERTA: scoperta dell’empatia, della generosità, della collaborazione, della comprensione reciproca, della convivenza civile. La scoperta meravigliosa di essere parte di un percorso. La scoperta delle potenzialità di ogni alunno e alunna, che esige attenzione, osservazione e capacità di riprogrammazione continua.

Un’altra parola che mi viene in mente è FIDUCIA. Un discente imparerà e otterrà risultati anche e soprattutto se ha un maestro che crede in lui. E’ una sfida quotidiana e non facile. Instaurare un rapporto di fiducia con gli alunni è alla base di un percorso formativo efficace. Dare fiducia ad ogni piccolo alunno vuol dire “mi fido di te, ce la puoi fare”, infondere autostima attraverso l’incoraggiamento e la motivazione ad apprendere. Si impara attraverso le emozioni e più un bambino sente di essere stimato, apprezzato, osservato e più cercherà di impegnarsi per raggiungere i suoi obiettivi. Dare fiducia significa offrire a ciascuno la possibilità di esprimere se stesso, assecondando le inclinazioni personali, le doti, le potenzialità. Esprimere se stesso significa anche avere la libertà di sbagliare.

Ecco perché, vorrei descrivere la scuola anche con questa parola: ERRORE. Quanta paura fa? Quanto cerchiamo di tenerla lontana da noi? Oppure quanto la tolleriamo?
La perfezione, per quanto gradevole, non esiste e probabilmente se esistesse, la scuola non avrebbe un compito così importante. “Sbagliando si impara” non è solo un detto popolare. L’errore può e deve diventare sempre punto di ripartenza, piuttosto che punto di rottura. Dall’analisi di un errore si ha la possibilità di trovare e sperimentare nuove soluzioni, di immaginare percorsi alternativi, di cercare insieme momenti di riflessione. L’errore costringe a pensare, permette di utilizzare strumenti come l’immaginazione e la creatività per riformulare un compito, per imparare ancora una volta.

A conclusione di questa tappa di un lungo viaggio che si chiama FORMAZIONE, il bilancio non può che essere positivo. Ogni anno cresco anche io e imparo insieme ai miei alunni. Ecco, quest’anno ho imparato che la scuola non deve essere perfetta, ma efficace, che gli incontri sono opportunità, che la fiducia è alla base dell’apprendimento, che l’errore non è che una possibilità da cogliere.