Tempo di pagelle: “Io quanto valgo?”

pagella

Come valutare un bambino a scuola? Il dibattito sul tema è sempre aperto e rappresenta il tavolo di confronto fra pedagogisti, insegnanti, esperti e genitori. Voti sì, voti no? Giudizi? Commenti? I metodi sono diversi e cambiano nel tempo a seconda delle teorie pedagogiche che prevalgono.

Siamo alla fine del primo quadrimestre di quest’ anno scolastico, tempo di un primo bilancio per gli studenti. E non per tutti è un momento affrontato con serenità. Ma in realtà, alla base delle delusioni, delle gioie o delle aspettative raggiunte o mancate, c’è una domanda: “Quanto valgo?”. I bambini, soprattutto,  leggendo un numero su un foglio, tendono ad attribuire a quel numero l’intero valore della propria persona. Ma un otto o un sette non può riassumere pienamente ciò che lo studente è, ciò che potrebbe diventare, ciò che prova, ciò che sapeva e ha dimenticato. Ci sono piccole e quotidiane sfide che il bambino può vincere o perdere, che non possono essere raccontate in un voto, né descritte in un rigo.

In definitiva, il voto non è attribuito alla persona, ma alle prestazioni e andrebbe affrontato con la giusta distanza e consapevolezza, soprattutto da parte delle famiglie, perché i bambini e i ragazzi non hanno la competenza emotiva per comprendere il significato di un giudizio.

D’accordo, magari alcuni voti potrebbero risultare deludenti, ingiusti, penalizzanti ma, quello che più dovrebbe contare, per il benessere del bambino è il percorso, non la meta. Un percorso che dovrebbe essere di continuo arricchimento, di possibilità, di sviluppo delle potenzialità e questo è un messaggio che dovrebbe partire, innanzitutto, dagli educatori.

La valutazione, così com’è oggi, riguarda innanzitutto la sfera cognitiva e delle competenze che l’alunno ha raggiunto, poi la sfera comportamentale, sociale ed emotiva. E’ davvero molto difficile, però, racchiudere tutto questo in un numero, ed è per questo che il bambino o il ragazzo deve essere aiutato a comprendere le motivazioni della scelta e dove può migliorare, con l’aiuto degli insegnanti e dei genitori. La scuola non deve assumere il ruolo di giudice, agli occhi degli alunni, anzi. La scuola deve diventare proprio il luogo dove ognuno può esprimere le proprie potenzialità, attraverso un continuo scambio con la prima agenzia educativa, che è la famiglia.

alunniPurtroppo, la cronaca delle ultime settimane, parla di docenti e presidi malamente aggrediti, per un’interrogazione, per un brutto voto, per un’incomprensione. C’è poco da fare, se viene alimentato il braccio di ferro tra scuola e famiglia, non potranno che aumentare episodi del genere, dove la violenza prende il sopravvento sul dialogo. MA questo equivale ad una sconfitta della società civile tutta. Si, perché la comunità educante, che circonda gli alunni, non è fatta solo di docenti, ma anche di famiglie, di allenatori sportivi, di catechisti, di tutti coloro che apportano elementi di crescita individuale e sociale ai ragazzi. La comunità educante deve essere una, considerata come un singolo ente, un’unità capace di agire nell’interesse dell’educazione delle nuove generazioni. E ciascuno, però, ha delle precise responsabilità, che non possono essere dimenticate o delegate ad altri.

Soprattutto scuola e famiglia, non devono mai interrompere il dialogo, il filo che le lega deve essere forte, la coesione deve basarsi sul reciproco rispetto, sulla fiducia e sulla COMUNICAZIONE, elemento imprescindibile in ogni rapporto consolidato.
Se la scuola e la famiglia riescono a focalizzarsi sugli obiettivi educativi e a collaborare per ottenerli, gli alunni non si sentiranno mai soli, ma parte di un sistema educante che li vede protagonisti attivi.

Anche un brutto voto può essere spiegato, motivato e, anzi, può diventare un campanello d’allarme importante per aiutare l’alunno a comprendere gli errori commessi e a lavorare, insieme alla famiglia, per migliorare. Perché il voto non è rivolto alla persona, ma a una parte dell’intero, alla prestazione. Atteggiamenti reciproci di chiusura, di rabbia, di rancore, non sono mai costruttivi, anzi, diventano un pericoloso serbatoio che pesa tantissimo nel raggiungimento delle finalità didattiche e educative. Questo accade quando un anello della catena è debole o incapace di affrontare nuove situazioni, irretito e fermo su alcune posizioni. Comunicare è soprattutto capacità di ascolto.

La cooperazione è essenziale per spezzare il concetto di “sfida”. Nessuno sfida nessuno, l’educazione è “semplicemente” un percorso, lungo e prezioso. Tutti abbiamo il compito di difenderlo, se ne comprendiamo appieno la valenza.

Quanto valgo? Si chiede l’alunno. Tantissimo, risponde l’insegnante. Più dei numeri che leggi su una pagella. E’ questo l’insegnamento più importante che si dovrebbe trasmettere: dare valore al percorso e alla crescita globale della persona, ogni giorno, in classe.

  • apso |

    ma quando potrò leggere un… “io quanto merito”? La discussione è sempre sugli altri: cosa devono, cosa possono, cosa fanno…. ma sempre più raramente “cosa devo fari io”, “cosa posso fare io”, “cosa merito io”…. società psicologicamente e fattivamente invertita senza speranza…..

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