Se le aspettative dei genitori possono far male all’autostima dei bambini

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Dovrete imparare ad abbassare le aspettative con questi bambini”, quante volte ci siamo sentiti ripetere questa frase io e mio marito durante tutto l’iter adottivo. C’è infatti un grande lavoro interiore che l’aspirante genitore adottivo deve fare per imparare prima di tutto a riconoscere e poi smussare le proprie aspettative. Nel lungo periodo dell’attesa di un figlio, che spesso inizia ben prima dell’idea di adottare e che è comune a tutte le persone che desiderino un bambino, ogni coppia sviluppa nella propria testa un’idea di figlio immaginato, più o meno conscia, con una serie di caratteristiche fisiche o caratteriali ideali.

Questo bambino immaginato, con la decisione di adottare e con l’inizio dell’iter, deve gradualmente ma inesorabilmente lasciare il posto al bambino che potrebbe un giorno arrivare. Un bambino “reale”, che potrebbe essere ben lontano da quello “sognato”, e soprattutto che arriva già con un “bagaglio” più o meno pesante di ricordi e di vissuti.

Il bambino che arriva nella nuova famiglia deve sentirsi accolto e amato per quello che è, con la sua storia: ha vissuto una situazione di separazione dalle figure di riferimento, deve affrontare nuovi e radicali cambiamenti (ancor di più se arriva tramite adozione internazionale) e ha un bisogno assoluto e vitale di sentirsi accolto e amato. Il figlio ricostruisce la visione che ha di sé specchiandosi negli occhi dei genitori, è solo nel loro sguardo amorevole che può rinascere e aspettative troppo elevate da parte dei genitori possono portare il bambino a sentirsi inadeguato.

Spesso questi bambini arrivano impauriti, con una grande paura di non essere accettati, di non piacere a questi nuovi e sconosciuti mamma e papà e il timore di essere nuovamente rifiutati. L’autostima nei bambini adottati si ricostruisce giorno dopo giorno, con amore e pazienza. Non bisogna avere fretta.

Spesso i genitori, pur animati da buoni propositi e dal desiderio di recuperare il tempo perduto e risarcire le mancanze vissute dal proprio figlio, caricano i bambini appena arrivati di troppe richieste: a cominciare dall’inserimento scolastico a pochi giorni dall’arrivo in Italia spinti dall’ansia che il bambino possa rimanere indietro rispetto ai compagni, o addirittura iniziando a fargli fare i compiti nel paese d’origine durante il viaggio per andare a prenderlo.

Inoltre, molto spesso sono gli stessi bambini, spinti dal forte desiderio di piacere ai nuovi genitori e di adeguarsi velocemente al nuovo contesto, a cercare di rispondere alle sollecitazioni del mondo esterno. Ricordo mia figlia maggiore, arrivata da pochi mesi e inserita a scuola in prima elementare, cancellare e ricancellare un disegno che non riteneva mai all’altezza del compito assegnato fino a bucare il foglio di quaderno.

Questo lavoro sulle aspettative di noi genitori e il continuo sostegno all’autostima dei nostri figli non si limitano naturalmente soltanto al primo periodo ma accompagnano tutta la vita della famiglia, soprattutto nei momenti di passaggio e di crescita, quando le richieste, anche e soprattutto da parte del mondo esterno, aumentano. La ricerca di un equilibrio tra queste due variabili, anzi, è proprio una delle sfide delle famiglie nate attraverso l’adozione. E forse di tutte le famiglie.