Marina Salamon: «L’Italia sarà come noi la costruiremo, giorno per giorno»

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Cinque figli, sei cani e una holding, Alchimia, che è la fotografia della sua versatilità imprenditoriale e della sua filantropia: azionista di Banca Ifis; attraverso il trust Web of Life controlla sia Altana, leader nell’abbigliamento di lusso per bambini fondata a 24 anni, sia Doxa e Connexia, attive nel settore delle ricerche di mercato e della comunicazione digitale e multicanale; e coordina i tanti progetti di charity del gruppo. Marina Salamon, sessant’anni a settembre, incarna a pieno l’«Italian dream»: quel misto di fiducia nel futuro, impegno (anche politico) e scommessa sulle proprie potenzialità tipico dei Babyboomers di casa nostra. Saggia, ammette di non esserlo mai stata: «Ancora oggi, se qualcuno me lo dice, lo invito a riferirlo ai miei genitori, che hanno 90 e 86 anni. “Tu saggia? Ma va là”, rispondono. “Marina pasticciona, Marina irruente”». Eppure riconosce di aver avuto altre virtù: «Ero molto disciplinata, lucida nei progetti. Ma immatura e con un carattere pessimo. La dote della moderazione, della saggezza e dell’equilibrio no, proprio zero». Quando riusciamo a intercettarla via Skype è appena rientrata in Italia dalla Romania, dove segue il progetto “Save the dogs” lanciato da Sara Turetta: «Ha lasciato una carriera di successo come pubblicitaria per trasferirsi là 15 anni fa quando ha capito che non poteva resistere all’idea che stessero ammazzando tutti i cani. Oggi ha 53 persone che lavorano con lei, più cinque a Milano. Riescono a dare in adozione in Nord Europa 400 cani all’anno. Hanno 63 asini, coperti grazie a un programma inglese, che usano per fare terapia con i bambini autistici».

Si entusiasma mentre parla dalla casa di Verona dove vive con il secondo marito, Paolo Gradnik, farmacista e fondatore della onlus Banco farmaceutico, i suoi cani e i figli che vanno e vengono: Brando, il primogenito nato dalla sua relazione con Luciano Benetton che oggi ha quasi 26 anni; Lupo, Jacopo e Francesco, rispettivamente 23, 21 e 19, avuti con il pubblicitario Marco Benatti; Zineb, 30 anni, presa in affido e ora a sua volta mamma di due gemelline. «Vivono tutti fuori. Due in California, una in Inghilterra e due a Venezia. Ma quando tornano portano da noi tutti gli amici. Qui funziona che arrivi e trovi da mangiare». Ride, e si capisce che grazie alla tribù ha un osservatorio privilegiato sulle altre generazioni, che spesso guardano alla sua con ostilità. Si irrigidisce alla domanda se si senta in colpa: «Per niente, perché lavoro come una matta da quarant’anni. Ma è vero che la nostra responsabilità, più che individuale, è collettiva: siamo quelli che hanno fatto passare una serie di privilegi per frustrazioni. È sempre più la percezione della realtà che influenza l’umore. La mia generazione è più spaventata del dovuto, perché bene o male in pensione ci arriverà. Io sono fortemente contraria a usare i contributi e le risorse prodotte dai trentenni per pagare le pensioni dei settantenni. Non riesco a capire dove sono i diritti acquisiti e perché».

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L’intervista completa è contenuta nell’ebook “Donne di futuro – Generazioni a confronto sul lavoro di domani”, scaricabile gratuitamente cliccando sulla copertina qui di seguito. Donne di futuro è diventato anche un progetto e il primo evento si terrà il 19 novembre presso lo showroom Microsoft.

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  • Elena Paola Ruo |

    Essere consapevoli che la nostra responsabilità è collettiva è il primo passo. Dovremmo costruire il secondo

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