Insegnare, il patto che si stringe col futuro

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“Da grande vorrei diventare una maestra. Come te.” Martina, cinque anni, mi guarda seria, ha già le idee chiare. Io la osservo e sorrido, perché ricorda me, da bambina. Avevo poco meno della sua età, quando ho cominciato a giocare “a far finta di” essere maestra e, con gli anni, il mio gioco si è trasformato in realtà.

Non sapevo cosa significasse davvero insegnare, pensavo fosse una specie di vocazione, fino a quando, non mi sono ritrovata in una classe di bambini di tre anni, nella mia prima esperienza in assoluto. Ero in piedi e mi guardavo intorno, avevo una cinquantina di occhi che mi scrutavano e pensai: “E adesso?”. Fu in quel momento che cominciai a capire che aver studiato storia della pedagogia, manuali di didattica applicata, libri sullo sviluppo cognitivo del bambino, non facevano di me un’insegnante. Quella che avevo davanti era una classe, un sostantivo astratto che, però, si muoveva in molteplici direzioni, perché era formata da bambini reali, ciascuno con i propri bisogni, con le loro potenzialità, con modi differenti di comunicare ed interagire.

Ho capito che insegnare significa, prima di tutto imparare, continuare ad imparare. Non esistono bambini uguali e la didattica deve adattarsi alle differenze, deve plasmarsi alla realtà e, quindi, ogni giorno non può essere uguale a quello precedente. Tutto è in continua trasformazione, tutto cambia, ogni alunno entra in classe ogni giorno insieme al suo vissuto. Ogni giorno una maestra e un maestro, imparano dall’esperienza “sul campo”. Insegnare significa comprendere la strategia migliore per un apprendimento più efficace. Insegnare significa studio, programmazione e aggiornamento costante, per garantire maggiori risorse agli studenti.
Insegnare significa rinnovarsi, cioè, cercare, informarsi e mettere in pratica metodi innovativi per rendere i saperi più appetibili, per fornire motivazione e interesse agli alunni. Insegnare significa entrare in classe per primi e uscire per ultimi, con in testa tante domande a cui, probabilmente non si troveranno mai risposte certe. Una su tutte: ho dato il massimo oggi? Il meglio possibile? Insegnare non è una vocazione. E’ un impegno costante. E’ un patto che si stringe con il futuro. E’ la speranza di essere punti di riferimento per bambini e ragazzi che diventeranno donne e uomini, cittadini del nostro Paese.

2017-10-01-photo-00000231Nel mondo ogni giorno 55 milioni di insegnanti (quasi l’1% della popolazione mondiale) lavorano con oltre un miliardo di bambini, ragazzi, giovani, per favorire la crescita civile e culturale delle nuove generazioni. Docenti che, giorno per giorno, promuovono e costruiscono, con i loro studenti, i valori del dialogo, della tolleranza, del rispetto e della solidarietà, che sono le basi del vivere democratico. Per riflettere sul ruolo complesso della professione del docente, nasce la “giornata mondiale degli insegnanti”, celebrata, quest’anno, anche in Italia, il 5 ottobre. Istituita dall’UNESCO nel 1993, durante la Conferenza Internazionale sull’Educazione, questa giornata vuole ricordare l’importanza strategica di una professione troppe volte sottovalutata. E’, insomma, un momento per cogliere anche le bellezze e le difficoltà di questa professione, le soddisfazioni di stare a contatto con futuro, rappresentato da bambini e bambine delle nuove generazioni.

Delle sfide, delle innovazioni, dell’ importanza della figura dell’insegnante si tratterà nell’evento “Teaching in freedom, empowering teachers”, coordinato da Barbara Riccardi, docente finalista al “Global Teacher Prize- Premio Nobel per l’insegnamento 2016”. L’evento, che si terrà a Roma, coinvolgerà docenti, scuole, rappresentanti delle comunità residenti, associazioni, stampa e operatori del settore e si svolgerà nell’ambito del “Roma Intercultural Festival”, che proseguirà fino al 12 ottobre. Una giornata per loro: per gli insegnanti di tutto il mondo che lottano ogni giorno, fuori e dentro le aule, per portare avanti con coraggio il loro obiettivo di futuro, consapevoli di aver stretto un patto invisibile, eppure così tangibile, con le nuove generazioni.