L’UE ha sessant’anni: quante donne imprenditrici ci sono in Europa?

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Sabato l’Unione europea celebrerà i sessant’anni dalla firma dei Trattati di Roma, che sancirono la nascita della Comunità economica europea. Dell’unione doganale prima e della moneta unica poi, in questi anni hanno beneficiato imprenditori e cittadini. E le imprenditrici? Nonostante nei 28 Paesi membri la popolazione femminile superi quella maschile, le donne rappresentano solo il 34,4% delle titolari d’azienda e il 30% di coloro che hanno dato vita a una start up.

Per cercare di colmare questo gap, la UE ha messo in campo diversi strumenti: dal Wes, il network europeo per promuovere l’imprenditoria femminile, fino alla Comunità europea di business angel al femminile, passando per i finanziamenti ad hoc. Da settembre, tutto questo è riunito in un unico portale – oggi si chiamano “one-stop-shop2 – che va sotto sotto il nome di Wegate. Lanciato a settembre dell’anno scorso, mette insieme tutte le informazioni utili per una donna che voglia avviare un’attività imprenditoriale: Paese per Paese, quali sono i passaggi burocratici da compiere, quali i bandi nazionali di supporto finanziario appena lanciati, quali gli sportelli a cui rivolgersi e dove cercare una (o un) mentor.

Guardando i numeri dell’ultimo studio disponibile pubblicato dalla Commissione europea, la buona notizia è che dal 2000 a oggi la percentuale delle donne imprenditrici è aumentata (del 4% e basta, ma si tratta pur sempre di una crescita). Le più lanciate sul fronte delle attività in proprio? Sono le greche: ben il 24% di loro, tra quelle presenti nel mondo del lavoro, sono titolari di impresa. Le italiane si piazzano bene, al quarto posto, con il 16% delle donne attive, ben al di sopra della media Ue al 10%. Fanalino di coda le donne norvegesi: solo il 4% di coloro che partecipano al mondo del lavoro lo fanno con un’impresa in proprio. Qui sotto il grafico.

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In quali settori si concentra l’imprenditoria femminile nella Ue? Al primo posto c’è l’ambito della salute e dei lavori socialmente utili, in perfetta sintonia con lo stereotipo che vuole le donne concentrate sulla cura della persona. E infatti al terzo posto, dopo una generica voce “servizi”, c’è il mondo dell’istruzione, mentre comparti più maschili come le costruzioni, i trasporti o la gestione dei rifiuti costitutiscono il fanalino di coda, con meno dell’8% delle imprese in mano alle donne.

Quanto a reddito, ancora una volta le imprenditrici pagano lo scotto del gender gap: secondo i dati raccolti dalla Commissione UE le donne titolari di un’impresa, nei 28 Paesi membri, guadagnano in media il 6% in meno dei lcolleghi uomini. Con eccezioni positive in Spagna e in Norvegia, dove percepiscono di più, e punte massime di ingiustizia in Germania, Polonia, Danimarca e Lituania.

  • Fred |

    L’UE non ha 60 anni!

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