Donne STEM negli anni ’50: la vera storia dei numeri nascosti

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Quella tra America e Russia negli anni ’50 fu una corsa in piena regola, fianco a fianco per capire chi per primo sarebbe andato nello spazio (e tornato!). Adrenalina e testosterone che il film “Il diritto di contare”, candidato al premio Oscar e nelle sale italiane in questi giorni, trasmette benissimo. Ma c’è molto di più. Un “di più” che si legge meglio nel titolo originale del film, che in inglese è “Numeri nascosti – Hidden figures”.

“Il diritto di contare” racconta l’avventura epica di tre donne afroamericane toste e intelligenti che hanno cambiato la storia di molte missioni americane nello spazio, a iniziare dal Programma Mercury, il primo programma statunitense a prevedere missioni spaziali con equipaggio, attivo tra il 1958 e il 1963 con l’obiettivo di mettere un uomo in orbita attorno alla Terra.

Le tre “ragazze” facevano parte di un gruppo sconosciuto di matematiche dette anche “calcolatrici in gonnella”, che, in assenza dei computer, facevano tutti i calcoli necessari alla NASA. Ma loro in particolare hanno cambiato la storia, facendo la differenza in tre modi diversi:

Katherine Johnson Goble, matematica, vedova con tre figlie, produsse i calcoli in grado di riportare sulla Terra John Glenn, primo uomo in orbita nel 1962, rivelando maggiore capacità del primo computer usato nelle missioni spaziali; Katherine dovette convincere i propri superiori persino a farla partecipare alle riunioni, da cui era per regola esclusa in quanto donna;

Dorothy Johnson Vaughan, matematica e madre di sei figli, quando capì che stavano arrivando i computer, dovette rubare un libro di programmazione dal settore della biblioteca comunale interdetto ai neri per imparare a programmare in Fortran, diventando la prima responsabile di colore di un team di programmazione alla Nasa;

Mary Winston Jackson, matematica e prima donna di colore a laurearsi in ingegneria, per poter avere la laurea dovette presentarsi davanti a un giudice di Hampton e convincerlo a darle il permesso speciale di frequentare i corsi serali, normalmente interdetti ai neri: in un memorabile faccia a faccia con il bianchissimo giudice, Mary usò due argomenti irresistibili, utili forse ancora oggi: ricordò al giudice che se “lei stava chiedendo qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima, era anche vero che nessun uomo prima era mai andato nello spazio”, e poi concluse “alla fine della sua carriera, di tutte le decisioni che avrà preso, quale sarà quella che la farà ricordare?”.

Donne e di colore, abili matematiche, non fanno altro che chiedere di poter contribuire al progetto spaziale con tutte le loro risorse, e questa semplice richiesta diventa inarrestabile davanti all’obiettivo condiviso di arrivare per primi nello spazio. D’altronde la chiamavano la “corsa allo spazio” perché, come sintetizza uno dei capi progetto del programma Mercury, “Chi arriva per primo stabilisce le regole”. E questo le donne, buone ultime arrivate di ieri e di oggi, lo sanno fin troppo bene.

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  • patrizia ghiiazza |

    il film è grandissimo, così come il carattere e la determinazione delle donne protagoniste.
    fermezza unita a intelligenza pura.

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