Tre “C” per un’economia in cambiamento

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Source: European Commission

Quando nel 2012 l’uragano Sandy colpì gli Stati Uniti, Brooklyn (New York) rimase al buio. Il danneggiamento di un singolo punto di distribuzione di energia lasciò un’intera comunità al buio. Da allora, gli abitanti del quartiere hanno deciso di non rimanere mai più poveri di elettricità. Grazie a nuove tecnologie come blockchain, i vicini si sono reinventati imprenditori dando vita ad un’economia collaborativa locale in cui l’elettricità si scambia senza sprechi e intermediari.

“Una volta, l’eccesso di elettricità prodotto dai miei pannelli solari sarebbe andato sprecato.” – mi dice un locale – “Ora posso trasferirlo direttamente a chi, nel circuito, non può permettersi di pagare le bollette. Questo vuol dire la fine della povertà di accesso elettrico a Brooklyn. Non solo, ma con questo sistema più distribuito siamo più indipendenti e più soddisfatti: non ci scambiamo solo servizi, ma anche valori come fiducia e riconoscenza.”
Questo è solo un esempio delle possibilità che si prospettano nella nostra economia e nella nostra società, animate da un progresso tecnologico senza precedenti. Tre “C” riassumono gli attributi degli emergenti modelli socio-economici che permettono di meglio conservare, condividere e creare valore: circolare, collaborativa e connettiva.

Un’economia circolare non è un desiderio, ma una necessità in questi tempi in cui, meno che in passato, non possiamo permetterci di sprecare valore e capitale – che siano talenti o risorse naturali. A Brooklyn, un gruppo di vicini, ora imprenditori, l’ha capito e, supportato dal governo dello Stato di New York, ha costruito un’economia circolare in cui gli sprechi del passato si trasformano in opportunità per chi non ne aveva. Seguendo lo stesso principio, ci sono organizzazioni che entrano nelle prigioni per insegnare competenze digitali ai carcerati – considerati, generalmente, parte inattiva (se non nociva) della società. Perché? Una simile iniziativa non solo utilizza capacità altrimenti inespresse, ma stimola ed equipaggia queste persone a prepararsi alla reintegrazione alla fine della pena.

Mantenere e scovare valore non è abbastanza, bisogna anche condividerlo per sfruttarlo al meglio. Nell’economia collaborativa è possibile. Quanti di noi investono somme ingenti per comprare una macchina che, in media, rimane parcheggiata il 92% del tempo? E quanti altri, invece, hanno scarso accesso alla mobilità? Un’economia collaborativa sposa opportunità e necessità, distribuendo valore in maniera più efficiente e generandone dell’altro. Questa logica non si limita a piattaforme, ma si estende a nuovi modelli organizzativi: gli Innovation Deal lanciati dalla Commissione europea incentivano partnership tra pubblico, privato e persone per trovare soluzioni innovative a interessi comuni.

Il modello circolare e collaborativo non funzionerebbe con la stessa efficacia ed efficienza se non fossimo in un’economia connettiva. Oggi, infatti, non ha più senso parlare di economia digitale: l’economia è digitale. Ciò significa che, con un click, una persona in una zona rurale o di montagna può attivare un drone per portargli medicine che con un’ambulanza non l’avrebbero raggiunto in tempo. E c’è di più: con la scala e la possibilità di co-creare offerte dall’economia di internet, il pezzo più costoso di quel drone è €8. Non è finita, un semplice drone può essere costruito in 15 minuti nel garage di casa seguendo facili istruzioni.

Circolare, collaborativa e connettiva non sono solo attributi di un’economia che promette il minimo spreco e il massimo beneficio per un maggior numero di persone. Sono caratteristiche di una società in cui, mai più di prima, è evidente che l’unione fa la forza. Il digitale ci permette di immaginarci imprenditori in mille nuovi modi, ma è la rete che genera valore. Nel ventunesimo secolo, la solidarietà non è solo una qualità morale, ma ha senso economico e sociale.