Autostima nei bambini, quanto possiamo aiutarli davvero?

brutto anatroccoloTra le sfide più difficili che un genitore adottivo si trova ad affrontare, c’è il grande lavoro per ricostruire l’immagine di se stesso che il bambino si porta dentro. Ai corsi di preparazione viene spiegato che la bassa autostima, pur essendo un problema che può naturalmente presentarsi in qualsiasi bambino, è spesso una caratteristica dei bambini che arrivano tramite l’adozione. E vengono forniti consigli e suggerimenti su come aiutarli. Fin qui la teoria, ma trovarsi davanti a un bambino così ferito nel profondo è tutta un’altra storia.

Mia figlia era arrivata da poco in Italia, aveva all’epoca 7 anni, e la maestra le aveva assegnato da fare a casa un semplice disegno di accompagnamento a un testo. Il disegno non era il compito principale, non sarebbe stata valutata per quello, era solo la fase conclusiva del lavoro, una di quelle classiche cose che un bambino butterebbe lì in pochi minuti per poi correre velocemente a giocare. È stata proprio quella l’occasione in cui ho capito fino in fondo cosa volessero dire senso di inadeguatezza e assenza di autostima. Non so quante volte, mai soddisfatta, nonostante i nostri complimenti e suggerimenti, ha iniziato e cancellato il disegno. Lo ha cancellato così tante volte da bucare il foglio del quaderno, dopo averlo bagnato di lacrime! E i disegni erano davvero belli, ogni volta.

L’autostima è la considerazione che un individuo ha di se stesso. Questa considerazione cresce con la persona e mette le basi in tenera età, partendo  dalla cosiddetta “base sicura”, ovvero dal modo in cui abbiamo sviluppato attaccamento e relazioni con le nostre figure parentali più vicine.I bambini che sono stati adottati hanno spesso una bassa autostima perché nella prima fase della loro vita hanno vissuto la perdita di quei punti di riferimento essenziali nella costruzione del sé.

Lavorare per ricostruire l’autostima si può: il bambino si rispecchia negli occhi degli adulti di riferimento che gli restituiscono un’immagine positiva di sé. Valorizzando le sue capacità, sottolineando i successi, spronandolo per superare gli errori, sostenendolo nelle difficoltà, il bambino può acquistare fiducia in se stesso. Mia figlia, dopo cinque anni, è molto migliorata. Mentre prima partiva sfiduciata e rinunciataria, ora almeno ci prova. E il bello, nel suo caso, è che raggiunge anche ottimi traguardi, perché ha grandi capacità. Ma, nonostante l’oggettività e l’evidenza dei risultati, che spesso sono espressi in numeri e quindi inconfutabili (come i voti scolastici o i risultati sportivi), lei rimane convinta nel profondo di non essere brava, né capace. E basta a volte una piccola sconfitta per gettarla nella disperazione, segno della fragilità di quanto costruito.

Io vorrei davvero che si rispecchiasse nei miei occhi, o in quelli di suo padre, che percepisse la stima infinita che abbiamo di lei, ma a volte penso che quello che noi possiamo fare è dare loro solo gli strumenti per riuscire ad affrontare la vita ma che la rivoluzione deve partire da loro, dal profondo del loro cuore, per riuscire a modificare davvero la considerazione che hanno di loro stessi.